(di Sara Passante) Nel rapporto annuale sull’attività del Viminale emerge che i reati comuni sono in diminuzione mentre i femminicidi restano più o meno costanti.
Il femminicidio come forma di violenza alle donne è un fenomeno scarsamente esaminato e su cui ci sono pochi dati , soprattutto in Italia. Si parla di femminicidio quando in un crimine il genere femminile della vittima è un movente, una causa essenziale del crimine stesso. La maggior parte delle volte questo tipo di crimine si realizza all’interno di legami familiari, ovvero fidanzati, mariti o padri che per scelte di vita non condivise si ‘scagliano’ contro le proprie compagne o figlie.
Prendendo a riferimento il periodo dal 1°Agosto 2015 al 31 Luglio 2016, le donne uccise sono state 138 su 398 omicidi complessivi. Mentre gli omicidi delle criminalità organizzata sono stati ‘solo’ 49. Questi dati hanno confermato quelli dell’anno precedente, in quel caso su 449 omicidi 181 erano femminicidi.
Per quanto riguarda l’età delle donne uccise, dai dati emerge che oltre la metà dei femminicidi hanno interessato donne tra i 25 e i 54 anni. La distribuzione geografica è abbastanza omogenea in Italia anche se si possono riscontrare alcune differenze a livello regionale. Lombardia e Sicilia sono le regioni più colpite, seguite da Lazio e Toscana. In riferimento alle provincie invece il tasso più alto si riscontra a Milano seguita da Roma.
Anche i mezzi per uccidere sono alquanto omogenei. Nella maggior parte dei casi viene utilizzata un’arma da taglio, dato che spesso fa pensare ad omicidi di impeto, ma spesso queste donne vengono uccide ance a mani nude. Meno utilizzate risultano invece le armi da sparo, avvelenamenti ed armi contundenti.
I dati forniti dal Viminale sottolineano che i delitti sono complessivamente in calo e, al di là dei fatti di cronaca e del clamore mediatico, l’analisi del fenomeno è limitata. Ciò che più preoccupa infatti non sono i dati ma il contesto socio-antropologico degli omicidi di genere.
Oggi le donne muoiono in primo luogo perché sono tali, sono donne, e in secondo luogo perché fanno parte di un sistema di potere a cui, negli anni, hanno tentato di sottrarsi. Il femminicidio nasce quindi in un contesto del tutto maschilista e fallocratico arcaico.
Il ruolo di uomini e donne sta cambiando, ma la società, invece di suddividere la responsabilità su tutti per la ridefinizione dei ruoli, e della nuova configurazione famigliare, attribuisce questo ‘fardello’ alle donne. Dovrebbe essere invece l’intera società a rieducare gli uomini a non considerare più le donne come proprietà privata, come oggetti che si possono ‘distruggere’ una volta che non si è più in grado di dominare.
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