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In questa epoca di crisi il bene più prezioso è il nostro tempo. Sprecarlo è un crimine la cui pena è una condanna alla noia e al rimpianto. Buona la prima è la rubrica di analisi dedicata alle serie TV con lo scopo di aiutarvi nel ginepraio di proposte e offerte con cui le emittenti italiane e straniere vi tentano…attentando al vostro limitatissimo tempo libero. Se il buongiorno si vede dal mattino, una buona stagione televisiva si decide quasi sempre dalla prima puntata. Se è “Buona la prima”, ve lo dice solo L’altrapagina.it 

Defiance ovvero del buon riciclo delle idee. 

Defiance ha debuttato circa un paio di mesi  fa, il 15 aprile, su Syfy (il canale via cavo, precedentemente noto come Sci-Fi Channel che anni fa ci deliziò con quel gioiello narrativo che è Battlestar Galactica), registrando una delle medie di ascolto più alte di sempre per quel canale. Il primo episodio, così come i successivi,  sfrutta quel meccanismo narrativo grazie il quale lo spettatore ha la sensazione di essere giunto a film iniziato e deve prestare molta attenzione a tutto cioè che succede e ai dialoghi, per cercare di capire cosa stia avvenendo sullo schermo. Se da un lato questo espediente tiene alta l’attenzione, dall’altro rende poco lineare la comprensione degli eventi. Paradossalmente è la sigla iniziale che ci svela maggiori informazioni. Sette razze aliene sono giunte sulla Terra da una galassia morente. Il loro arrivo ha provocato una grande guerra che hafortemente ridotto la popolazione terrestre, modificato la struttura dei continenti, mutato flora e fauna, e abbattuto i governi preesistenti. Tale conflitto ha iniziato a conoscere la sua fine durante la battaglia di Defiance, in cui tutte le razze si sono ribellate a chi le metteva l’una contro l’altra e hanno intrapreso un cammino di convivenza. La città di Seattle viene ribattezzata in onore del luogo in cui tutto ciò avvenne appunto col nome di Defiance e diviene una sorta di esperimento sociologico in cui tutte le razze, ognuna con le sue caratteristiche e prerogative, convive.

O meglio, quasi tutte le razze, perché il collettivo Votan, i principali guerrafondai del conflitto, continuano sporadicamente il loro conflitto, soprattutto con la Confederazione Terrestre, una sorta di nuovo governo mondiale, dal quale la città-stato di Defiance ha deciso di restare fuori.

Un bel calderone di input, al quale potete aggiungere la solita città sotterranea, un bordello di alto livello (forse il tentativo da parte di SyFy di seguire lo sdoganamento di certe provocazioni visive di cui la HBO sta facendo il suo vessillo), una miniera piena di segreti, qualche reperto tecnologico alieno, una componente mistica e tutto ciò che in questo tipo di racconti fa brodo. Senza dimenticare i nostri protagonisti: il marine Joshua Nolan (veterano della battaglia di Defiance) con sua figlia adottiva, Irisa Nyira, appartenente alla razza degli Irathient, che, senza dimenticare i suoi doveri di padre, tra un complotto politico e l’attività di neo sceriffi della città, si barcamena in un triangolo amoroso tra la tenutaria del bordello e sua sorella, il sindaco della città.

Forse i temi della serie vi ricordano qualcosa: la terra che si trova improvvisamente invasa dagli alieni è un concetto abbastanza sfruttato nel cinema, ma non meno nelle serie televisive. Pensiamo per esempio ai Visitors o al loro più o meno recente remake V. Altra serie che seguiva questo canovaccio era Alien Nation, spin off di un bellissimo e omonimo film che fondeva il poliziesco alla fantascienza.

Cosa hanno in comune tutte queste produzioni? Semplice: Rockne S. O’Bannon, che fu scrittore di Alien Nation (e prima ancora di Ai confini della realtà) e di V. Insomma il buon Rockne è uno che racconta spesso la stessa storia, ma ogni volta un po’ meglio.

Molto interessante è il crossover mediatico e produttivo legato a questa serie. La trama del telefilm infatti si interseca con un videogioco dallo stesso nome. Uno sparatutto MMO (Massively multiplayer online) sviluppato dalla Trion Worlds, anche se ognuno dei due media è indipendente dall’altro per la coerenza della narrazione.

Buona la prima? Si, anche se la serie non è perfetta e a volte ripetitiva soprattutto nella scenografia, migliora puntata dopo puntata (anche se questo, dato il titolo della rubrica, non ve l’avremmo dovuto dire. Abbiate pazienza. Ci piace barare un po’). Gli effetti speciali sono usati col contagocce ma sapientemente. La vera forza dell’opera sta nella tanta carne al fuoco che è stata messa, che regista e sceneggiatori fanno volteggiare in aria con l’abilità di consumati giocolieri, ipnotizzando il pubblico e  avvincendolo in una spirale di curiosità.

Ci rivediamo alla fine della prima stagione (nel frattempo Defiance si è già vista confermata per una seconda stagione) con la rubrica gemella di Buona la prima cioè Giù il sipario che cercherà di farvi capire se avete sprecato o meno il vostro tempo guardando una serie fino alla fine….

Andrea Mazzotta

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