Solo pochi giorni fa la comunità scientifica e l’opinione pubblica sono stati sconvolti dalla rivoluzionaria notizia della prima immagine scattata al buco nero posto al centro della nostra galassia, la Via Lattea. Astronomi e astrofisici hanno appreso la notizia con grande entusiasmo: una simile rappresentazione è un tassello fondamentale per riuscire a confermare alcune teorie, per ipotizzarne di nuove e per carpire nuovi segreti da quello che è il corpo celeste più misterioso e allo stesso tempo affascinante di tutto l’universo.
I buchi nero sono infatti degli oggetti di fatto invisibili in quanto la loro forza di gravità è talmente forte da impedire alla luce stessa di poter fuggire. Per questo la loro osservazione passa attraverso lo studio di radiazioni emesse e di quanto accade intorno al loro disco di accrescimento e prima di superare la linea d’orizzonte.
Diversi anni fa una prima rappresentazione assolutamente ipotetica era stata creata grazie alla collaborazione tra Kip Thorne, uno dei massimi esperti in materia, e l’industria di Hollywood al fine di riuscire a crearne uno verosimile per il lungometraggio di Interstellar. Il grande successo della pellicola ha reso Gargantua, questo il nome che gli venne assegnato, una vera e propria star. Era però uno studio completamente teorico, il più realistico possibile, ma con mille incertezze date proprio dalla poca conoscenza di questi mostri dello spazio profondo.
L’esistenza dei buchi neri era stata ipotizzata dalla teoria della relatività di Albert Einstein, ma lo stesso scienziato guardava con diffidenza e curiosità a questi corpi celesti. Capaci di deformare il tessuto dello spazio-tempo, sono stati oggetti di infinite ipotesi, da quelle più scientifiche a quelle più fantascientifiche che arrivavano a ipotizzare ponti spaziali tra diverse aree dell’universo o strappi dimensionali.
La realtà però è che dei buchi neri abbiamo solo una vaga idea e non siamo in grado di spiegarli in maniera precisa e dettagliata.
Se già gli astrofisici hanno difficoltà ad affrontare l’argomento, un appassionato di astronomia rischia di non riuscire ad assimilare buona parte dei concetti a esso collegati se non ha solide basi da cui partire. Chris Impey cerca con il suo saggio “I mostri di Einstein – La vita dei buchi neri, dal Big Bang alla fine dell’universo”, edito in Italia dalla Codice Edizioni, di spiegare in maniera il più semplice possibile un argomento che di semplice non ha nulla.
Ma dopotutto quando si parla di un corpo celeste dalla forza inaudita e inconcepibile per la mente umana, che è da solo in grado di diventare perno di una intera galassia che gli ruota intorno, ogni logica umana rischia di non essere capace di cogliere le giuste proporzioni e le forze interessate. Mille domande a cui ancora non abbiamo risposte certe bensì teorie e ipotesi, più o meno convincenti, più o meno apprezzate nell’ambito accademico. Cosa succede in prossimità di un buco nero? Quali sono le leggi fisiche che lo governano?
E allora per comprendere meglio il senso di questi mostri dello spazio, il volume “I mostri di Einstein” cerca di venirci incontro dando qualche utile informazioni al lettore, in una lettura che cerca di essere chiara ma che, per il tema trattato, non è certo accessibile a tutti.
Titolo: I mostri di Einstein
Autore: Chris Impey
Editore: Codice Edizioni
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