(di Giulio Perrotta) Carmelo D’Amico, il pentito di mafia ed ex killer di Barcellona Pozzo di Gotto, le canta e le suona, senza peli sulla lingua. E decide di raccontare le sue verità dinanzi ai giudici della Corte d’Assise di Palermo, facendo così tremare i palazzi del potere.
E’ un fiume in piena quando confessa che l’attuale Ministro dell’Interno, Angelino Alfano, era stato portato da “Cosa nostra”; salito nella circoscrizione di Agrigento anche con i voti mafiosi, arriva ai palazzi del potere, voltando poi le spalle a tutti coloro che lo avevano visto come delfino di quella destra democratica italiana; ancora, Forza Italia nacque per volere dei servizi segreti e dei boss Totò Riina e Bernardo Provenzano, dove a capo doveva stare Silvio Berlusconi, dal profilo insospettabile, ma pedina di Marcello Dell’Utri. Anche il Senatore Renato Schifani fece lo stesso percorso di Alfano, abbandonando coloro che lo avevano votato, sancendo di fatto l’allontanamento politico di Cosa Nostra da Forza Italia. Il Pubblico Ministero Nino Di Matteo, invece, pare che lo vogliano morto sia Cosa Nostra che i servizi d’intelligence, (come confermato da Vito Galatolo) perché “ficca il naso” in affari che non gli competevano, magari con un agguato a colpi di kalashnikov (anche se prima si ipotizzava un attentato dinamitardo con 200 chili di tritolo provenienti dalla Calabria).
Una vera e propria collusione d’affari tra Stato e Mafia quella che delinea il super-testimone, disegnando intrighi di palazzo e accordi politici per la conquista del territorio elettorale, dietro palesi scambi di voto e promesse illecite.
Ma non è tutto. Racconta ancora che, secondo Nino Rotolo il nuovo capo di Cosa Nostra era Matteo Messina Denaro; tuttavia, non poteva esserlo perché era già capo-mandamento di Trapani e il capo di Cosa nostra doveva essere un palermitano (cfr. cartina in allegato*).
Davanti ai P.M. Francesco Del Bene, Nino Di Matteo, Roberto Tartaglia e Vittorio Teresi, D’Amico rilascia quindi una corposa dichiarazione, mettendo a verbale tutto quello che ha appreso negli anni (un racconto comunque verosimile e ricco di rivelazioni in parte inedite). In particolare, il pentito ha anche raccontato che a Barcellona Pozzo di Gotto era attiva una loggia massonica, composta da uomini d’onore, professionisti e politici, sotto il controllo del Senatore Domenico Nania (ex Vice-Presidente del Senato, schieramento PDL).
Conclude la confessione, il pentito D’Amico, addossando la responsabilità ai servizi segreti dell’organizzazione di “finti” suicidi in carcere, probabilmente per evitare scomode verità processuali.
Di fatto, anche con queste ulteriori testimonianze, le prove di una vera e propria trattativa tra Stato e Mafia stanno continuando ad emergere e molti politici risultano essere in qualche modo coinvolti.
Berlusconi, Dell’Utri, Schifani e Alfano sono solo alcuni dei nomi ripetuti da D’amico; sono per certi versi (secondo quanto riportato dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia) … “cosa nostra”.
* In allegato: http://www.madoniepress.it/mp-dellrsquo;utri-latitante-i-rapporti-con-mangano-e-la-campagna-elettorale-della-cosca-madonita-3739.asp
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