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ROMA – Joseph Ratzinger meditava da diverso tempo la sua scelta. Secondo l’Osservatore Romano, quotidiano della Santa Sede, la decisione del Pontefice sarebbe stata presa molti mesi fa, al ritorno dal viaggio del marzo 2012 in Messico e a Cuba. Resta, comunque, un annuncio senza precedenti, una scelta clamorosa, presa in solitudine, «dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio». L’annuncio ha colto tutti di sorpresa.

Nei giorni scorsi Ratzinger aveva informato della decisione il cardinale decano Angelo Sodano, il Segretario di Stato Tarcisio Bertone e lo stesso don Georg. E ieri mattina, nel concistoro per le cause dei santi, ha deciso di annunciare, in latino, di essere «pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino. Nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato». Ma che cosa è realmente accaduto? Quali i veri motivi? Il pontificato è stato difficile. Attacchi, crisi, scandali, come quello travolgente della pedofilia, ma anche tensioni nel governo della Curia, cordate, lotte intestine. Più volte negli ultimi anni Benedetto XVI è stato costretto a intervenire direttamente per fare da scudo ai suoi collaboratori, quando nella tradizione plurisecolare della Chiesa era sempre accaduto il contrario. Già nel febbraio 2012 il vescovo emerito di Ivrea, monsignor Luigi Bettazzi aveva rivelato che “Benedetto XVI è molto stanco, basta vederlo. È uno abituato agli studi, non a un ruolo pubblico. E di fronte ai problemi che ci sono, forse anche di fronte alle tensioni che ci sono all’interno della Curia, potrebbe pensare che di queste cose se ne occuperà il nuovo Papa”. Le difficoltà si sono fatte troppo pesanti, e il carico del pontificato non è stato più sopportabile. Benedetto XVI ha così atteso un periodo di relativa calma, dopo la bufera dei vatileaks, e si è dimesso. Un gesto di libertà e di umiltà, che lascia a colui che gli succederà sul trono di Pietro un compito non facile. «Quando un Papa giunge alla chiara consapevolezza di non essere più in grado fisicamente, mentalmente e spiritualmente di svolgere l’incarico affidatogli allora ha il diritto e in talune circostanze anche il dovere di dimettersi» ha ribadito in più occasioni. Ratzinger aveva vissuto da vicino il calvario di Papa Giovanni Paolo II, minato dalla malattia, e aveva fatto già allora intendere che non avrebbe voluto si ripetesse quell’esperienza. Benedetto XVI ha l’artrosi ed è debole di cuore, ma non al punto di non poter svolgere i suoi compiti. «Il Papa non è depresso e non ci sono malattie», ha ripetuto il portavoce padre Federico Lombardi. «Non ci sono segni di decadimento» ha ribadito in queste ore il medico papale, Patrizio Polisca. Il direttore dell’Osservatore romano, Gian Maria Vian, sottolinea che si tratta di una”decisione umanamente e spiritualmente esemplare, nella piena maturità di un pontificato che, fin dal suo inizio e per quasi otto anni, giorno per giorno, non ha smesso di stupire e che certo lascerà una traccia profonda nella storia”.

Damiano Corò

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