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di Fausto Minonne – Cosa c’entra la progressive house di Avicii e Nicky Romero con la poetica di Luigi Pirandello? Cosa accomuna due DJ della classe 1989 con uno dei maggiori drammaturghi del XX secolo? Blasfemia o rivelazione?

La progressive house è un genere musicale in auge su Radio m2o. A parte i pochi, ma fedeli seguaci, buona parte del pubblico crede che quella trasmessa su m2o sia mera musica tamarra. Lo stesso vale per i videoclip delle canzoni, ritenuti bizzarri, inverosimili e trash allo stato puro. Ė vero che non si tratta della musica d’autore italiana o del soul americano, ma se si provasse ad ascoltare e guardare oltre l’apparenza, ci si accorgerebbe che a volte dietro quelle poche note musicali e quelle immagini insolite si celano parole cariche di significato. Ne è un esempio la canzone “I Could Be the One” (Io potrei essere l’unico), composta dai DJ Avicii (buon’anima) e Nicky Romero insieme alla cantante Noonie Bao. Il videoclip è stato diretto da Peter Huang, vincitore del primo premio per il miglior video musicale non europeo allo Young Director Award dell’anno 2013. Protagonista del video è un’impiegata introversa e impacciata, che con il passare del tempo (simboleggiato dalla sveglia e dal calendario) comincia a soffrire la monotonia della routine quotidiana. Disperata, cerca di confidarsi con una collega di lavoro, la quale, con fare a dir poco spocchioso, pensa che il suo problema principale siano i chili di troppo. La ragazza è consapevole che la causa del suo mal di vivere non sia il peso, e la risposta è rintracciabile nelle parole della canzone. “Pensi a me quando sei da solo? A quello che facevamo, che eravamo. Pensi a me quando la folla è andata via? Quando hai bisogno di un modo per calare la pressione. Quando hai bisogno di trovare un modo per respirare”. Ė una sorta di dialogo fra l’io celato e il singolo, oppresso dalle forme e dalle convenzioni sociali. Il singolo non vive, ma subisce la vita. Ė possibile intravedere una rilettura, in chiave moderna e progressive, della crisi dell’io, il cuore della poetica pirandelliana. La giovane impiegata patisce la “atroce afa della vita”, ma soprattutto ha la “spaventosa certezza” di essere estranea alla maschera di impiegata introversa, impacciata e sovrappeso affibbiatale dalla realtà circostante, nel suo caso l’ambiente lavorativo. All’improvviso si sveglia e si ritrova nuda nel letto con accanto un avvenente vichingo, si presume all’indomani di una notte a base di alcol e sesso. Dopo essersi affacciata al balcone ed aver ammirato un panorama esotico, nota una “to-do list” (lista di cose da fare), in cui risulta scritta una sola cosa, ossia “not give a f**k” (non fregarsene un c***o). Così decide di prendere alla lettera quelle semplici parole e cogliere l’occasione, dandosi alla pazza gioia ed esplorando il posto paradisiaco con una certa verve spavalda e libertina. La ragazza percepisce il “brulichio d’una vita diversa”, in fuga dalla ripetitività della vita quotidiana, quando la sveglia suona e si rende conto che è stato tutto frutto di un sogno. Proprio il sogno, oasi di trasgressioni e desideri inibiti. “Questo lo dice Freud”, come intonano Nek e J-Ax nel loro singolo di successo. Tornando al video musicale, la sognatrice si rivolge ad una psichiatra (altra figura di freudiana memoria), la quale però, oltre a non far accomodare la paziente sul classico lettino, si limita a prescriverle altre pillole. Dopo la to-do-list poco ortodossa nel sogno, la protagonista legge un’altra frase rivelatrice, ma questa volta sul PC da lavoro nella vita reale. “Only you can free yourself”, ovvero “solo tu puoi liberare te stesso”, e il ritornello della canzone è sulla stessa lunghezza d’onda. “Potrei essere l’unico che ti fa sentire in quel modo. Potrei essere l’unico che ti rende libero”. Ancora una volta è la voce interiore, desiderosa di reagire, che parla con l’individuo silente, inerte e insofferente. Ancora una volta l’io vorrebbe che l’individuo si togliesse quella maschera inautentica, perché gli rende insopportabile l’esistenza quotidiana. In barba alle pillole, l’impiegata dai capelli rossi continua ad affidarsi al mondo dei sogni, fra una comitiva di baldi giovani in perfetto “gangia style” e un rastaman, che la fa salire a cavallo lungo una spiaggia. Nel sogno ammira anche alcuni mulini a vento di cervantiana memoria. Il Don Chisciotte di Miguel de Cervantes era un personaggio bizzarro, intriso di idealismo, immaginazione e locura (in lingua spagnola “pazzia”), che si scontrava con la realtà deludente e materialista dell’epoca seicentesca. Anche a detta di Pirandello l’immaginazione e la follia sono due vie di fuga dalle rigide convenzioni sociali. Il tempo scorre imperterrito e ad evocare la fugacità del tempo ci sono le onde mosse del mare. Una volta ritornata alla realtà, la ragazza è seduta alla scrivania mentre i suoi colleghi di lavoro smorfiosi si intrattengono in conversazioni mondane. In quel momento legge al PC “Take back your life” (riprenditi la tua vita), l’ennesimo monito suggestivo che infine scuote la sua angoscia. L’impiegata, fino ad allora sempre introversa ed impacciata, si ribella e dà sfogo alla propria pazzia, non in senso patologico, bensì in quanto frenesia. Urla, lancia in aria i faldoni e insulta i colleghi di lavoro non badando a gesti volgari. Non subisce la vita, né interpreta una parte che non la rispecchia, ma vive il momento con intensità e ne è la protagonista indiscussa. Non soffre il peso incombente di quella maschera, che le ha recato sofferenza e solitudine, perché è riuscita a liberarsene. Il suo io più intrinseco fuoriesce e prevale su di lei fino a confondersi. Dalla crisi alla rivincita dell’io. La reazione sconcertata dei colleghi è la reazione che la società mostra nei confronti di coloro che osano ribellarsi alle forme imposte dalla società stessa. La giovane donna assale un altro collega, strappa un sandwich dalle mani del presunto capo e quando esce dall’ufficio prenota al telefono un biglietto di sola andata per l’isola tropicale di Barbados. Mentre si dirige verso la macchina, viene investita da un furgone su cui si legge “2Late” (troppo tardi). Nel finale non si capisce se la povera ragazza, che aveva trovato la forza per evadere, sia sopravvissuta o meno. L’interprete e attrice comica canadese Inessa Frantowski ha affermato quanto segue: «Io penso che il finale sia un appello all’azione. Il furgone dice troppo tardi. Sta dicendo alla gente di seguire i propri sogni ora!». A mio parere le canzoni non si capiscono, bensì si interpretano e l’interpretazione è libera. La libertà è voglia di ricercare e pensare oltre la superficialità e la semplificazione. A tutti i lettori consiglio di provare ad ascoltare con maggiore attenzione la musica in onda su m2o. Magari si potrebbe rintracciare una nuova forma di decadentismo nel pop di Lady Gaga, cogliere un carpe diem in salsa cubana negli innumerevoli feat. (collaborazioni musicali) di Pitbull o ancora individuare in DJ Antoine il precursore di un movimento moderno di scapigliati. Riguardo alla canzone del duo Avicii-Nicky Romero e all’apposito videoclip, io ho rinvenuto il pensiero di Pirandello, ma allo stesso tempo ho percepito note di vita reale e quotidiana. A volte la modernità dell’eredità letteraria è incredibile, e forse è proprio per questo motivo che le opere del passato sono destinate a non tramontare. Quante volte ci è capitato di pensare fra noi stessi “quando la folla è andata via”? Quante volte ci è capitato di sentirci soffocare ed avere bisogno “di un modo per calare la pressione” o “per respirare”? Quante volte ci è capitato di voler evadere, anche solo con l’immaginazione, in un posto esotico lontano dai pensieri, dagli impegni e dalle preoccupazioni della quotidianità? Se almeno una volta nella vita (o al giorno) abbiamo provato simili sensazioni, non dobbiamo vergognarci di nulla, perché siamo esseri umani. Ė umano pensare, riflettere, dubitare, patire e perché no, anche sognare. Secondo il premio Nobel per la letteratura Luigi Pirandello ciascuno di noi, a seconda delle varie circostanze, interpreta un mero ruolo ed indossa una maschera imposta dalla società. Spesso capita che qualcuno cerchi di addossarci una maschera che non rispecchia la nostra vera indole, e tutte le volte che ci ribelliamo per disfarci della maschera, la reazione di quel qualcuno è la stessa dei colleghi di lavoro dell’impiegata depressa. Ribellarsi costa, adattarsi è gratuito. Non abbiamo timore di distinguerci, perché quando perdiamo l’opportunità di essere, dimentichiamo il privilegio di esistere. Essere se stessi, liberi dalla superficialità, dagli stereotipi e dai pregiudizi altrui.

Fausto Minonne

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