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Pubblichiamo integralmente, di seguito, la lettera che l’Arcigay di Milano ha inviato al sindaco Giuliano Pisapia, sul tema dell’istituzione del registro delle unioni civili a Milano, più volte annunciato e non ancora approvato.

Caro Sindaco, cari Assessori, cari Consiglieri,

a seguito delle discussioni preliminari in merito alla Delibera sul Registro delle Unioni Civili non posso che esprimere il mio più sincero sdegno e quello della associazione che ho I’onore di presiedere, in merito alla qualità etica e politica delle argomentazioni filtrate dalla stampa e da addetti ai lavori e dall’esito attuale di tale delibera: I’ennesimo rinvio, distinguo e richieste di modificare una delibera già di per sé tiepida.

Il registro delle Unioni civili non è né il matrimonio né una rivoluzione copernicana in termini di diritti, essendo una conferma di quanto già previsto dal regime di famiglia anagrafrca, ma può essere un rafforzamento delle politiche amministrative che un Comune può adottare. Esso è soprattutto un segnale simbolico al legislatore nazionale che, secondo le sentenze sia di Cassazione sia di Corte Costituzionale dovrebbe aver già legiferato, e di corsa.
Durante la campagna elettorale del 2011 con Arcigay Milano il movimento lgbt cittadino nella piattaforma “Milano Siamo anche noi” richiedeva che il registro non fbsse un mero atto simbolico ma uno strumento che potesse “guidare” le azioni amministrative della città che amiamo nelle politiche relative alla casa, alla salute, ai servizi etc.
Le intenzioni di alcuni assessori e di alcuni consiglieri a riguardo erano e sono tuttora chiare, ma non si capisce la ragione di questi continui ritardi, o meglio si capisce, ma non si puo più giustificare questa indecenza. Se è vero che si adduce a una “libertà di voto secondo coscienza” per alcuni appartenenti ad alcune aree culturali della maggioranza questo vuol dire che questa amministrazione non solo è di fronte a quel cortocircuito culturale che affligge la sinistra e la politica di questo Paese, ma vuol dire che siamo di fronte ad un chiaro comportamento scorretto di alcuni consiglieri che pestano i piedi per convinzioni morali personali, e di un comportamento scorretto di questa coalizione nei confronti degli elettori, tra cui molti degli iscritti ad Arcigay e appartenenti alla comunità lgbt milanese, il 10% almeno dell’intera popolazione cittadina.

Non si può parlare di “libertà di coscienza” quando si parla di diritti civili. I diritti delle persone gay e lesbiche non possono essere messi in secondo piano in funzione del credo personale che è e rimane bene comune, ma non può mai sostituire il bene pubblico e collettivo.

I diritti non sono mai negoziabili, mai. Si puo comprendere come un fedele che voglia essere coerente al magistero della Chiesa possa sentirsi a disagio con una cultura democratica e civile che riconosce nel bene e nel diritto dell’individuo la base per della libertà e la vita ordinata e pacifica di una nazione. Chi è afflitto da questo disagio può benissimo risolverlo facendo politica in un Paese teocratico, non in un paese che è e deve rimanere laico e poi toccare con mano quale e quanta libertà di coscienza è tollerata.

I diritti costituzionali in questo Paese non sono stati scritti per chi appartiene a una maggioranza culturale e nemmeno per difendere una specifica comunità o particolari visioni della vita ritenuta giusta. I diritti sanciti dalla Costituzione sono stati scritti per tutti i cittadini.

Chi richiama l’uso della libertà di coscienza su questi temi in realtà violenta la natura della nostra Costituzione e ribadisce una visione morale della politica che pretende che sia lo Stato a definire qual è la giusta definizione di famiglia, coppia, convivenza. E’ giunto il momento che questa maggioran za, elettaal grido del “vento del cambiamento” rispetti l’impegno preso con i suoi elettori, e faccia finalmente chiarezzarispetto a questo contenzioso’.

O riconoscete – a torto – e obbedite alla volontà degli alheri della Chiesa che pretendono che lo Stato legiferi secondo la Dottrina sociale oppure riconoscete, una volta per tutte, l’autonomia della politica e delle istituzioni secolari, come hanno fatto Zapatero, Hollande e Obama e dite chiaramente a tutti, laici e ordinati, che i diritti di parità e uguaglianzariguardano tutti i cittadini e che ogni appello alla libertà di coscienza in riferimento ai diritti civili è in realtà un’azione omofobica che non può essere piu tollerata.

La misura è colma, le persone omosessuali, la mia gente è stufa e le associazioni come la mia non credo riusciranno a contenere il disagio e lo scontento che può infiammarsi fino ad essere incontrollabile. Siamo stufi di essere trattati da cittadini di serie B.

Provate a sostituire la parola omosessuali con la parola “ebrei” o con la parola “neri”‘ provate a chiedervi che valore ha quindi il significato “libertà di coscienza” nelle vostre argomentazioni.

Sappiate che è ancora è viva la memoria del pasticcio che una coalizione simile a questa a livello nazionale ha combinato in occasione del PACS.
Il Comune da un punto di vista amministrativo può fare poco, da un punto di vista politico puo fare molto. Ci sia aspetta un vero segno di coerenza e cambiamento e un riscatto, seppur piccolo, rispetto ad un passato recente. euel tanto o poco che potete fare l’avete deciso voi con il programma elettorale che avete firmato. La vostra coscienza deve guardare a quel programma e a chi vi ha votato per applicarlo.
Non sono ammesse altre giustificazioni.
Un cordiale saluto

Marco Mori, presidente CIG, Centro iniziativa gay Arcigay Milano

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