(di Jessica Sabatelli) La rivista on-line IFLScience ha recentemente riportato i risultati di una delle ultime ricerche in campo archeologico:
In che modo è avvenuto il tracollo delle civiltà antiche? E che caratteristiche ha in comune la società di oggi, con questo evento?
Una serie di fattori determinanti è stata osservata nella storia di popolazioni vissute in Europa migliaia di anni fa. E anche se si tratta di civiltà davvero lontane, è possibile comparare queste caratteristiche anche agli accadimenti contemporanei.
Al giorno d’oggi, per esempio, i “cambiamenti di regime” nella società, soprattutto riguardanti le tematiche ambientali, sono delle questioni davvero attuali. Si tratta proprio di un “cambio di rotta” in grado di mantenere ancora in salute un sistema complesso.
I fattori ecologici di “allarme” che spingono al cambiamento, sembra abbiano colpito almeno sette antichissime civiltà europee in tracollo, tra 4.000 e 8.000 anni fa, nel Neolitico. Queste sono le deduzioni del dottor Sean Downey, dell’University of Maryland, che ha sviluppato una serie di sistemi di diagnosi precoce delle civiltà vicine al collasso.
Downey ha scelto nove regioni ben note e studiate in Europa e utilizzato dati provenienti da più di 2.000 siti archeologici, con oltre 13.000 manufatti rinvenuti.
Ognuna di queste regioni ha visto una crescita stabile della sua popolazione per molti secoli, dopo l’introduzione dell’agricoltura. Alla fine, però, tutte e nove le zone hanno sofferto, almeno una volta, di una drastica perdita della popolazione, fino al 60%, nel giro di 100 anni.
Come possiamo immaginare questi importanti avvenimenti non si sono verificati per caso e, difatti, sembra che almeno sette delle nove regioni analizzate abbiano delle caratteristiche comuni che potrebbero averle portate al tracollo.
Con l’aumento del numero della popolazione, gli europei hanno cominciato a sfruttare anche più risorse. Questa situazione, spingeva infatti le prime popolazioni umane a doversi spostare spesso e vivere da nomadi: un discorso impossibile da sostenere per le successive civiltà neolitiche perché legate ad un preciso luogo geografico, per via dell’agricoltura.
Gli agricoltori del Neolitico sono poi riusciti a “tamponare” la situazione critica ma, purtroppo, non a risolverla sul lungo raggio.
<< Continuare a percorrere la stessa insostenibile strada, con un declino costante delle risorse, conduce ad un catastrofico fallimento >>, scrive Downey negli Atti della National Academy of Sciences.
In una delle aree studiate, che oggi corrisponde alla città di Parigi, dopo l’introduzione dell’agricoltura, la zona ha visto più di 1.200 anni di crescita per poi improvvisamente tracollare 6.225 anni fa. Downey ha trovato una prova dell’esistenza di “segnali di avvertimento” per quello che sarebbe accaduto, già centinaia di anni prima.
Insieme alla drastica diminuzione della popolazione, sembra che un altro dei segnali importanti sia stato il fenomeno della deforestazione, presente praticamente in tutte le civiltà in sviluppo. Lo studioso ha confrontato proprio questo ultimo dato con la massiva deforestazione, soprattutto, delle zone fluviali del mondo, ai giorni nostri.
Downey crede che questo, insieme ad altri fattori, sia determinante per renderci conto dei segnali che accomunano il presente e il passato, e spera che i mezzi che abbiamo per evitare il collasso imminente possano salvarci dal declino della civiltà moderna.
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