Pochi uomini hanno incarnato come Modigliani il mito romantico dell’artista geniale e trasgressivo. “Modì”, l’artista maledetto dalla vita dissoluta, il bellissimo dandy dai tanti amori, il genio incompreso che si rifugiava nel vino e nell’assenzio la cui storia è breve ma intensa, drammatica e memorabile.
Tutti coloro che posarono per lui dissero che essere ritratti da Modigliani era come farsi spogliare l’anima.
In mostra nelle suggestive sale di Palazzo Blu di Pisa un corpus di circa 100 opere, 70 provenienti dal Centre Pompidou di Parigi e oltre 30 appartenenti alle principali collezioni pubbliche e private, italiane e straniere, in particolare, cinque straordinari Modigliani provenienti dal Musée de l’Orangerie di Parigi che ha accettato di prestare tutte le opere dell’artista livornese della collezione Jean Walter e Paul Guillaume. La mostra, promossa dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, per il tramite della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Toscana con la collaborazione della Direzione Generale della Valorizzazione del Patrimonio Culturale e della Soprintendenza per i Beni Architettonici, Paesaggistici, Storici, Artistici ed Etnoantropologici per le province di Pisa e Livorno, dalla Regione Toscana, dalla Provincia di Pisa, dal Comune di Pisa e dal Comune di Livorno è organizzata da Fondazione Palazzo Blu, Centre Pompidou e MondoMostre. La curatela scientifica è affidata a Jean Michel Bouhours, accreditato
studioso di Modigliani e curatore del dipartimento delle collezioni moderne del Centre Pompidou di Parigi.
La mostra ricrea l’atmosfera culturale in cui maturò la straordinaria ed entusiasmante esperienza della pittura dell’epoca e la vicenda artistica di Modigliani dal periodo della sua formazione a Livorno fino al suo trasferimento a Parigi. L’esposizione si apre con una sezione dedicata a Modigliani in l’Italia, per raccontare l’inizio, la famiglia, Livorno, gli studi non facili, la malattia e la vocazione precoci, la difficoltà a seguire le regole della comunità ebraica cittadina, tutti elementi che contribuirono a rendere travagliata la sua infanzia. E poi la sua vita.
Sarà la madre Eugenia a capire per prima la vocazione del figlio “minore e prediletto” permettendo a Dedo di interrompere gli studi del ginnasio per iscriversi ad un corso di pittura. Il suo primo maestro sarà Guglielmo Micheli, allievo di Giovanni Fattori, rappresentante importante dei “macchiaioli”. Tra gli allievi di Micheli ci saranno oltre Modigliani numerosi importanti pittori tra cui, Aristide Sommati, in mostra un ritratto che Modigliani realizza appena quindicenne e Oscar Ghiglia, che avrà un posto importante nella vita di Amedeo e che ritroviamo in mostra con un Autoritratto e un Nudo di donna.
A Livorno dipinge i suoi primi ritratti e paesaggi, tema che abbandonerà quasi definitivamente, una volta arrivato a Parigi. Attraverso riproduzioni di fotografie e documenti d’archivio, entreremo negli anni della formazione dellʹartista, che oltre la pittura legge Dante, Nietzsche, Baudelaire e DʹAnnunzio stimolato dal nonno materno Isaac Garsin. E poi ritroviamo il suo viaggio nel sud Italia, organizzato nel 1901 da sua madre: Napoli, Capri, Roma e Firenze dove il giovane Amedeo ha l’opportunità di scoprire i primitivi italiani, ma anche lʹarte etrusca e l’architettura greco‐romana
Ma è nella Parigi della cultura avanguardista, dei fauves che il dissoluto artista e tombeur de femmes, matura la sua poetica artistica, influenzato fortemente da Toulouse‐Lautrec e Cézanne. Lʹartista si trasferisce infatti a Parigi nel 1906, un anno dopo lo scandalo del Salone d’Autunno e un anno prima della retrospettiva di Paul Cézanne, che indubbiamente scuote la sensibilità di Modigliani. Tra i suoi mecenati, i mercanti e poi amici Jean e Paul Alexandre che sostengono e incoraggiano gli esordi del pittore. Un anno dopo il suo arrivo a Parigi sono proprio loro i primi a commissionargli opere, come “Ritratto di Jean Alexandre”, in mostra nella sezione Arrivo a Parigi. Esposta anche “La mendicante” opera realizzata da Modigliani qualche anno prima e offerta in dono a Jean Alexandre in attesa che il suo ritratto venisse ultimato. Si integra nella comunità artistica bohemien di Montmartre e frequenta una vasta comunità di artisti provenienti dai più diversi orizzonti geografici, attratti dalla Ville‐lumière. Tra questi Pablo Picasso, che lo invita ad
andare a vivere a Montmartre seppur tra i due non nascerà mai una vera amicizia, diverso sarà invece con Moise Kisling che sarà amico fino alla fine a tal punto che si occuperà delle spese dei funerali di Modigliani, André Derain, celebre ritrattista dell’epoca, che ritroviamo in mostra con “Ritratto di Amedeo Modigliani”, un disegno a matita datato 1914. E ancora Leopold Survage, il messicano Diego Rivera e poi i poeti Max Jacob, André Salmon, Guillaume Apollinaire e più tardi, durante la guerra, Blaise Cendrars e Jean Cocteau.
Infine Brancusi il grande scultore nel cui atelier Modigliani lavorerà per molto tempo: in mostra la sezione “Modigliani/Brancusi e la scultura” dedica ampio spazio a quel linguaggio idealizzato che indicò la strada al giovane Amedeo: esposte le opere‐simbolo di Brancusi, la Principessa X, Mademoiselle Pogany III e una serie di fotografie dello scultore rumeno. Modigliani sviluppa la ʺFigura femminile idealeʺ, esposte due teste di donna scolpite sulla pietra, e ʺIl tempio del piacereʺ, dedicato al potere ipnotico delle donne. Il suo linguaggio trova equilibrio perfetto tra arte antica e moderna. In sezione anche due delle numerose Cariatidi realizzate da Modigliani tra il 1911 e 1915, questi disegni, provenienti uno dal Centre Pompidou e l’altro dal Musée de la Ville de Paris, sono
bozze di sculture che l’artista non realizzò mai. Lʹopera scolpita di Modigliani è messa in relazione anche con le opere di Henri Laurens, Jacques Lipchitz, Gaudier‐Breszka e Auguste Elysèe Chabaud. La salute cagionevole e le difficoltà economiche costrinsero poi Modigliani a mettere da
parte la scultura, estremamente faticosa e pericolosa per i suoi problemi respiratori. Erano gli anni 1915‐1916 e il suo mercante, Leopold Zborowski lo convinse a dedicarsi alla pittura. Il percorso prosegue con un focus sull’ambiguo rapporto che Modigliani ebbe con il cubismo, corrente artistica alla quale si ispirerà mantenendo sempre una certa distanza. Sebbene infatti l’influenza del cubismo sia evidente in numerosi lavori dell’artista, Modigliani non si lasciò mai affascinare del tutto dallo stile e dai codici di questa pervasiva corrente artistica.
La frequentazione di ambienti e artisti vicini al movimento non bastò infatti a convincerlo ad abbandonare il suo stile unico e personale per far completamente propri i canoni di questa forma espressiva. Eppure ne ritroviamo traccia frequentemente, nella volontà di innovare, nelle linee
stilizzate, nel richiamo all’arte africana, nella scelta dei colori e dei soggetti da ritrarre. Esemplare tra le opere in sezione “Ermafrodito” un disegno a matita del 1910 che mette chiaramente in luce la propensione dell’artista alla ricerca dell’essenzialità e della linearità.
Agli anni parigini e agli artisti suoi contemporanei sarà invece dedicata la sala de La cerchia di amici, presenti in mostra i grandi capolavori di artisti dell’epoca e compagni di avventure a Montparnasse tra i quali Chaim Soutine, con il suo “Ritratto dello scultore Oscar Miestchaninoff”, che
accolse Soutine nel suo studio di Montparnasse, Pablo Picasso, Marc Chagall, con “La Coppia”, dipinto risalente al periodo di Vitebsk, Fernand Léger Maurice Utrillo, Suzanne Valadon, Raoul Dufy, Juan Gris, Gino Severini e ancora Jacques Lipchitz, che ci regala “Maschera mortuaria di Modigliani” un bronzo patinato realizzato grazie a un calco parziale del volto di Modigliani procurato da Kisling. Le grandi esposizioni universali del 1889 e del 1900 e il clima di apertura nei confronti delle avanguardie resero la Parigi di quegli anni la meta più ambita dagli artisti del tempo, un luogo in cui il rifiuto dei canoni e delle forme stilistiche tradizionali si trasformava in un fervido pluralismo artistico e culturale.
Negli ultimi anni della sua vita il ritratto divenne per Modigliani la forma espressiva prediletta, con il suo particolarissimo modo di ritrarre, così sintetico, pulito, incurante del contesto e concentrato esclusivamente sul soggetto da ritrarre, uno stile unico e inimitabile definito non a caso “Stile Modigliani”, riuscì a catturare centinaia di volti di amici, semplici conoscenti, di celebri artisti, come “Gaston Modot”, e dei suoi amori, come Jeanne Hébuterne, della quale dipinse oltre 25 ritratti tra i quali un olio su tela del 1918 esposto in mostra nella sezione dedicata a questi celebri ritratti e intitolata appunto Ritrattista Geniale. Infine a chiusura dell’esposizione uno spazio dedicato agli innumerevoli disegni che Modigliani ha prodotto nel corso del suo intero percorso artistico, dall’età di 14 anni quando lavorava a Livorno nell’atelier di Guglielmo Micheli, fino agli ultimi anni della sua vita. In mostra i suoi celebri nudi, come “Nudo femminile seduto”, che a livello temporale segue la realizzazione delle famose Cariatidi, numerosi ritratti a matita e un grande album da disegno, proveniente dal Centre Pompidou, contenente una gran varietà di volti e lineamenti, di Pablo Picasso, ma anche di tanti altri
sconosciuti modelli di cui tutt’oggi non si conosce l’identità.
In concomitanza con la mostra di Palazzo Blu, il Museo Nazionale di San Matteo ospiterà “I Falsi Modigliani”, un’esposizione a cura di Paola Raffaella David, Soprintendente per i beni architettonici, paesaggistici, storici, artistici ed etnoantropologici per le province di Pisa e Livorno e del Direttore del Museo Nazionale di San Matteo, Dario Matteoni. La mostra riunisce tre sculture di teste erroneamente attribuite a Modigliani e rappresenta un’occasione unica per ammirare da vicino questi celebri falsi.
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